Negli ultimi anni, il ruolo del Data Protection Officer (DPO), o responsabile della protezione dei dati, è diventato sempre più importante nel contesto della privacy e della sicurezza dei dati personali. Tuttavia, è necessario sfatare un falso mito riguardo al DPO: non stiamo parlando del “centro” del sistema posto in essere dal Garante della Privacy (GDPR). Infatti, nel nuovo ordinamento, il titolare del trattamento dei dati rimane sempre il fulcro principale delle responsabilità in materia di protezione dei dati. In questo articolo, esploreremo le funzioni del DPO, chi lo nomina, quali aziende ne hanno bisogno e le differenze tra un DPO e un Responsabile Protezione Dati (RPD) Lo facciamo insieme agli esperti di Gruppo RES.
Di cosa si occupa un DPO e quali sono le sue funzioni
Il DPO è un professionista esperto in materia di protezione dei dati personali, incaricato di garantire che un’organizzazione rispetti le leggi sulla privacy e abbia in atto adeguate misure di sicurezza dei dati. Le sue principali funzioni includono la consulenza in materia di protezione dei dati, la vigilanza sul rispetto del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) e la cooperazione con l’autorità di controllo competente. Il DPO svolge un ruolo consulenziale all’interno dell’organizzazione, fornendo consigli e indicazioni sulle politiche e le procedure da adottare per garantire la conformità alla normativa sulla privacy. È responsabile della valutazione dell’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) per identificare e mitigare i rischi connessi al trattamento dei dati personali.
Qual è la differenza tra un DPO e un RPD (Responsabile Protezione Dati personali)
Tra il ruolo del DPO e quello del Responsabile Protezione Dati (RPD) non c’è alcuna differenza. Si tratta infatti solo di diciture diverse, la prima in inglese (DPO come Data Protection Officer) e la seconda in italiano (Responsabile Protezione Dati). È comunque sempre una figura indipendente che agisce in qualità di consulente e supervisore interno. Inoltre può essere anche un dipendente dell’organizzazione responsabile del trattamento dei dati.
Da chi è nominato un DPO
Il DPO può essere nominato sia dal titolare del trattamento dei dati che dal responsabile del trattamento, qualora siano coinvolte più organizzazioni nella gestione dei dati personali. È possibile anche nominare un DPO esterno o affidare il ruolo a un dipendente interno dell’organizzazione. In ogni caso, il DPO deve agire in modo indipendente e non può essere soggetto a conflitti di interesse. Qui occorre chiarire che il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) non elenca requisiti specifici, né esiste un registro ufficiale dei DPO. L’articolo 37 del GDPR stabilisce però che il DPO deve essere “designato sulla base delle qualifiche professionali, in particolare della conoscenza specialistica della normativa e delle pratiche in materia di protezione dei dati, e della capacità di adempiere ai compiti” previsti dal GDPR stesso.
Per quali imprese o istituzioni è obbligatorio avere un Responsabile della Protezione dei Dati (DPO)?
Il DPO viene designato: in tutti i casi se il Titolare del Trattamento è un’organizzazione pubblica o un ente governativo. Nel caso di soggetti privati, invece, solo se sussistono determinate condizioni, come: la presenza di trattamenti che richiedono il monitoraggio regolare e sistematico di un gran numero di persone interessate; la presenza di trattamenti su larga scala di dati sensibili (ad esempio, dati sulla salute) o di dati relativi a condanne penali o reati. È il caso quindi di strutture sanitarie, di chi effettua profilazione e tracciamento (anche tramite applicazioni o siti web) e dei fornitori di servizi informatici. L’Autorità italiana per la protezione dei dati personali, come molti enti europei simili, ritiene che, anche quando non è obbligatoria, la nomina di un DPO sia sempre “opportuna”, e durante i controlli il Titolare del Trattamento deve dimostrare di aver valutato se nominare un DPO e perché ha deciso di non farlo.
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