Come lavorare in smart working

Tutta colpa del traffico di Los Angeles. Tutte quelle macchine in fila, con una notevole perdita di tempo, avevano spinto lo scienziato americano Jack Niles a teorizzare intorno agli anni 70 il concetto di working remotely per poi passare a telecommuting. Il principio era piuttosto chiaro: il beneficio che avrebbero avuto molti impiegati se avessero iniziato a lavorare nelle loro case o in uffici separati dall’ufficio centrale. Risparmio di costi da un altro, miglioramento dell’efficienza dall’altro. Così iniziarono i primi esperimenti in tal senso che ci hanno poi condotto fino ai giorni nostri. Fino alla pandemia, in realtà, non è che questa modalità di lavoro avesse preso poi così realmente piega. Il covid-19 ha invece imposto a molte aziende di organizzarsi diversamente, lasciando a casa i propri dipendenti che avrebbero quindi dovuto completare o avviare il lavoro in remoto. La tecnologia oggi avvantaggia questo modus operandi, rendendolo molto più semplice oltre che non particolarmente costoso. A volte basta solo una connessione internet…

Cos’è lo smart working?

Questo termine è inglese ma è utilizzato molto più in Italia di quanto non lo sia oltremanica. Tecnicamente significa “lavoro agile”, un modo per far pensare ad una maniera semplificata per svolgere la propria professione. Rifacendoci all’ordinamento nazionale possiamo definirlo come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. I benefici sono individuabili nell’opportunità di conciliare in maniera più adeguata la vita lavorativa e quella familiare gestendo in modo autonomo il tempo a propria disposizione. Inoltre, c’è un significativo risparmio di consumi dovuto ai minori spostamenti, non dovendo abbandonare la propria abitazione per recarsi presso un ufficio. Di contro, va tenuto presente che è una questione assai delicata perché nasce dal presupposto della capacità individuale di autogestirsi. E purtroppo, come ben sappiamo, non sempre è così. I rischi sono una ridotta capacità di trasferimento delle informazioni tra la forza lavoro, l’isolamento sociale del lavoratore e la difficoltà di separazione tra vita personale e attività lavorativa. L’azienda poi deve permettere ai dipendenti l’accesso in cloud ai documenti e l’utilizzo in sicurezza dei propri dispositivi tecnologici. 

Ci sono degli incentivi per lavorare in smart working?

Le aziende che adotteranno sistemi organizzativi che prevedono anche il lavoro agile potranno usufruire di incentivi come lo sconto dell’1% sull’assicurazione Inail. Sono previsti anche crediti d’imposta per l’acquisto di strumenti informatici offerti agli smart worker. Infine, sarà istituito presso il Ministero del Lavoro un fondo per la promozione del lavoro agile, con una donazione annuale di 80 milioni di euro a partire proprio dall’anno in corso. Nonostante sia terminato lo stato di emergenza, la cui fine è stata ufficialmente sancita il 30 giugno scorso, si è deciso di non tornare indietro o non completamente almeno. Questione di progresso con la tecnologia che dà una bella mano per rendersi indipendenti al luogo di lavoro e con tante professioni emergenti che non necessitano di tanti strumenti per poter avere adeguate performance. 

Come dovrebbe essere una postazione smart working?

Lo scatto mentale da fare, e non è cosa da tutti, è quello di crearsi un reale contesto lavorativo all’interno di quello domestico. Per qualcuno abbandonare il tetto può rappresentare anche una parentesi confortevole, di stacco rispetto alla routine o di segmento nel quale di dimenticare tutti i problemi che ci accompagnano nella quotidianità. Serve, quindi, creare dei presupposti affinché si possa rimanere concentrati nell’arco di tutto l’orario lavorativo. Ecco perché fondamentale evitare tutte le possibili distrazioni, anche in termini di rumori, e restare se possibile soli. Anche l’illuminazione, le prese di corrente e una corretta base di appoggio sono fattori determinanti per poter svolgere la propria professione in maniera adeguata. Infine, occorre dotarsi di tutta l’attrezzatura necessaria come ad esempio pc, tablet, smartphone, stampante e naturalmente un’ottima connessione WiFi. Mantenere la postazione, senza girovagare, fa parte della gestione della soglia dell’attenzione minima che si deve avere. Anche avere un ambiente ordinato, riducendo anche al minimo gli oggetti sul desk aiuta. 

Smart working e telelavoro: c’è differenza?

Copywriter, web developer, analista finanziario, social media manager: sono solo alcune delle professioni, emergenti o meno, tra le quali è possibile lo smart working. Spesso chi si occupa di grafica aziendale o di marketing online non ha necessità di avere un ufficio nel quale doversi recare ogni mattina. C’è un concetto simile che è quello del telelavoro del quale lo smart working si può considerare la naturale evoluzione dettata dallo sviluppo tecnologico. Il telelavoro è una particolare modalità di organizzazione del lavoro e non è una tipologia contrattuale, è caratterizzato per l’utilizzo di strumenti informatici e telematici per cui chi svolge il telelavoro non è vincolato alla presenza fisica in ufficio. Può essere sia autonomo che subordinato. 

Fino a quando per legge si può lavorare in smart working?

Doveva terminare lo scorso settembre lo smart working emergenziale, anche per i privati dopo che era avvenuto già per il settore pubblico. In realtà con il Decreto Aiuti bis è stato slittato tutto alla fine dell’anno: la proroga non c’è stata soltanto per fragili e genitori di under 14, come si immaginava inizialmente, ma sostanzialmente per tutti. Nel dettaglio i datori di lavoro del settore privato potranno porre i propri dipendenti in smart working inviando una comunicazione telematica al Ministero del Lavoro contenente esclusivamente:

  • i nominativi dei lavoratori stessi
  • la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.

L’accordo deve essere definito sulla base della durata, dell’alternanza tra ufficio e casa, dei tempi di riposo, delle forme e della modalità di controllo della prestazione professionale e dell’attività formativa affinché si possa essere realmente in grado di svolgerlo.

Insomma, lo smart working può rappresentare un valido aiuto per i temi già descritti precedentemente. Molto, però, dipende dal grado di professionalità dei dipendenti per cui non può essere una soluzione universalmente valida. Oltre, ovviamente, al tipo di lavoro.

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